LA MESSA
SEGNI E SIMBOLI
PRESENTAZIONE
Nella nostra vita per poter capire ed assimilare meglio le cose che facciamo ed in cui crediamo, utilizziamo un modo che risulta molto loquace, ci esprimiamo attraverso segni e simboli .
Così celebrare la liturgia con segni sacri, fa parte di una esigenza dell’uomo che ha bisogno in questo caso di esternare con simboli evidenti ciò in cui crede.
La centralità di tutta la simbologia liturgica trova forza nell’affermazione di S. Paolo nella lettera ai Colossesi: “ PER NOI UOMINI E PER LA NOSTRA SALVEZZA DISCESE DAL CIELO...SI E’ INCARNATO...SI E’ FATTO UOMO ... EGLI E’ L’IMMAGINE DEL DIO INVISIBILE...”, pertanto Cristo è il primo e più fondamentale di tutti i segni in quanto è il Segno reale, vivente e tangibile dell’Amore di Dio per noi.
La S. messa si può considerare infatti un’autocelebrazione, in quanto Gesù stesso, nelle vesti del Sacerdote, è Altare, Sacerdote e Sacrificio.
Come Cristo fatto uomo è segno vivo della presenza di Dio tra noi, così la Chiesa vuole essere segno vivo di questo Corpo incarnato, via di salvezza e popolo di Dio.
“CON CRISTO, PER CRISTO ED IN CRISTO “
TI OFFRIAMO LA NOSTRA VITA
IMPORTANZA DEI SEGNI
Alla luce di quanto detto sopra i segni sono <<espressione>> per colui che li compie, in quanto manifestano apertamente la sua fede.
Sono <<impressione >> per colui che li riceve in quanto lasciando che essi agiscano su di se, quindi imprimendosi, diventa egli stesso “segno vivente”.
I fedeli debbono infatti partecipare consapevolmente, piacevolmente e attivamente alla celebrazione liturgica. Il ruolo di spettatore muto e passivo non corrisponde infatti alla natura della liturgia, la quale vuole essere offerta di se stessi a Dio che si offre a noi e risposta alla festa che Lui prepara ogni giorno soprattutto la Domenica in tutte le chiese.
LA GESTUALITA’ NELLA LITURGIA
I gesti e gli atteggiamenti del corpo, (lo stare in piedi, il sedersi, ecc..) sono gesti importanti e densi di significato e vanno fatti con cura e devozione, questi, devono essere eseguiti dall’assemblea in unità ed armonia, proprio come segno che tutto un popolo unito sta alla presenza ed all’ascolto di Dio per celebrare la morte, risurrezione e gloria di Gesù Verbo ed Eucarestia.
STARE IN PIEDI
PERCHE’
Nel Messale romano leggiamo:
“In tutte le Messe, salvo indicazioni contrarie, i fedeli stiano in piedi”.
Lo stare in piedi fu da sempre e non solo con l’avvento del cristianesimo, la posizione naturale di chi prega. Lo stare in piedi indica inoltre che stà accadendo qualcosa di importante, significa attenzione. Nello stare in piedi infatti c’è qualcosa di desto.
La richiesta dello stare in piedi è un invito a vegliare, a fungere da sentinella, la risposta dello stare in piedi significa inoltre che siamo pronti; chi sta in piedi infatti, può subito aprire la porta e uscire, può prontamente eseguire un incarico o iniziare un lavoro appena gli sia assegnato,
Lo stare in piedi significa in modo più completo rispondere a Dio come i profeti e santi prima di noi dicendo:
“eccomi Signore, sono qui per fare la tua volonta”.
Stare in piedi dunque è un segno di attenzione particolare, è segno che si è pronti per qualsiasi incarico.
QUANDO
Il Messale romano recita:
“in tutte le Messe, salvo indicazioni in contrario (problemi di salute o esigenze momentanee), i fedeli stiano in piedi dall’inizio del canto d’ingresso, mentre il sacerdote si reca all’altare, fino alla colletta compresa;
al canto dell’Alleluia prima del Vangelo; durante la proclamazione del Vangelo; durante la professione di fede e la preghiera universale, durante il “Santo”, dall’elevazione del Corpo e Sangue di Gesù fino alla comunione ed infine per il congedo finale.
STARE SEDUTI
PERCHE’
Questa posizione indica riposo e tranquillità e la Chiesa invita a stare in questa posizione perché essa facilità l’ascolto e la ricezione, aiuta a prestare meglio attenzione alla Parola, al canto e alla musica, favorendo la meditazione e la contemplazione.
QUANDO
In tutte le Messe, (salvo, come già detto, indicazioni in contrario), i fedeli stanno in piedi, e possono sedersi: durante la proclamazione delle letture prima del Vangelo e durante il salmo responsoriale, all’omelia e durante la preparazione dei doni all’offertorio; se lo si ritiene opportuno durante il sacro silenzio dopo la comunione.
STARE IN GINOCCHIO
PERCHE’
L’atto dell’inginocchiarsi, rivela diversi significati;
infatti ci s’inginocchia per esprimere un atteggiamento di sottomissione, di adorazione, di penitenza o di preghiera profonda e riverente.
Inginocchiandosi gli oranti credenti testimoniano la loro sottomissione a Dio,
e se questo nasce da una profonda presa di coscienza, diventa il più grande gesto di umiltà in quanto da il senso di riconoscere la propria piccolezza davanti a Lui e agli uomini.
Lo stare in ginocchio affonda le sue radici nella preghiera privata ed è da questa che la liturgia ne ha assunto la cittadinanza.
Il Messale Romano consiglia di stare in ginocchio soprattutto durante la consacrazione “dal gesto dell’imposizione delle mani, all’elevazione del Calice, inclusa”.
I fedeli usano fare la genuflessione in segno di saluto riverente, anche quando entrano ed escono dalla Chiesa.
La sacra scrittura ci riferisce che spesso perfino Gesù, umiliatosi e fatto uomo,
si prostrava a terra per pregare il padre, e se lo ha fatto Lui che è il Maestro, ancor piu’ noi, suoi discepoli vogliamo imitarne la vita e così prenderne esempio.
La Chiesa riflettendo su questo gesto da questa indicazione:
quando pieghi il ginocchio, non farlo nè frettolosamente, nè sbadatamente.
Da all’atto tuo un’anima! Il tuo inginocchiarti col corpo, sia segno del tuo
piegarti interiormente dinanzi a Dio per ringraziarlo del Suo immenso amore.
QUANDO
Il popolo sta in inginocchio sempre: al momento della consacrazione o per l’adorazione al Santissimo, sempre che non lo impediscano motivi plausibili.
STARE IN SILENZIO
PERCHE’
Il silenzio indica un atteggiamento di attenzione e meditazione. Col silenzio l’anima crea intorno a se pace e distacco dai pensieri per essere più attenta a ciò che sta vivendo e per entrare meglio alla presenza del Signore.
QUANDO
Si osserva il sacro silenzio: durante l’atto penitenziale, dopo la lettura o l’omelia, questo è un richiamo a meditare brevemente ciò che si è ascoltato;
dopo la comunione, esso favorisce la preghiera interiore di lode e ringraziamento.
PARTI DELLA S. MESSA
La S. Messa è composta essenzialmente da quattro parti:
A) L’INTROITO, che comprende:,
l’ingresso del sacerdote e i ministri, il saluto all’altare con il bacio, il segno della croce, il saluto all’assemblea, l’atto penitenziale, il “Signore pietà”, il Gloria e l’orazione finale o colletta.
B) LA LITURGIA DELLA PAROLA, che comprende:
NEI GIORNI FERIALI: 1° lettura, salmo, alleluia e Vangelo.
NEI GIORNI FESTIVI: 1° lettura, salmo, 2° lettura, alleluia, Vangelo e omelia;
Nel giorno festivo, dopo l’omelia, seguirà sempre il credo la preghiera dei fedeli.
C) LA LITURGIA EUCARISTICA, che comprende:
l’Offertorio, il Santo, la preghiera eucaristica, la preghiera della chiesa, elevazione, il Padre nostro, la preghiera della pace, l’Agnello di Dio, la Comunione.
D) RITI DI CONCLUSIONE, che comprende:
il saluto, la benedizione finale, il canto ed il congedo.
LA S. MESSA
Il Padre tutti i giorni attraverso la S. Messa, ci invita nella sua casa perché desidera stare con noi per condividere gioie e fatiche.
Ci prepara ogni giorno la cena che da la vita eterna e la pace del cuore, quella pace che ognuno di noi insegue spesso per strade sbagliate, e desidera attraverso questo momento comunicarci con quale amore è stato capace di amarci, offrendosi nel figlio, il suo unico Figlio Gesù in riscatto della nostra vita.
S. Pietro scrive:
“Se pregando chiamate Padre Colui che senza riguardi giudica ciascuno secondo le sue opere, comportatevi con timore nel tempo del vostro pellegrinaggio.
Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili come l’argento e l’oro
Foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri,
ma con il sangue prezioso di Cristo,
come di agnello senza difetti e senza macchia.
(I° Pt 1, 17 – 19)
Il senso comune del mangiare insieme, è comunicare di se stessi qualcosa di molto intimo, è il modo più semplice e sincero di esprimere la gioia ed il piacere di stare insieme. Attraverso di esso si cresce nella confidenza, fiducia e affetto.
La S. Messa, soprattutto quella della domenica e dei giorni festivi dell’anno, è il luogo ed il modo con cui Dio, attraverso il celebrante, ci manifesta la sua presenza ed invitandoci alla Sua Mensa ci invita alla confidenza ed alla comunione con Lui
La S. Messa, festiva in modo particolare, è quella che ci viene raccomandata anche dal 3° comandamento:
“RICORDA DI SANTIFICARE LE FESTE”.
A) INTROITO
L’INVITO ALLA S. MESSA
Quando siamo invitati a casa dei nostri amici o genitori, non è bello arrivare mentre il pranzo o la cena è iniziata, per questo il popolo arriva sempre un po’ prima dell’inizio della S. Messa, come segno di gradita risposta all’invito di Dio al banchetto eucaristico.
Questa attesa deve essere decorosa ed ordinata, come di chi attende l’ingresso del Re della Vita.
CANTO D’INIZIO
I fedeli che si radunano nell’attesa della venuta del loro Signore, seguono l’esortazione dell’Apostolo Paolo che dice: “intrattenetevi con salmi, inni e cantici spirituali” (Col 3,16).
Nell’attesa e durante l’ingresso del sacerdote, quale segno della presenza di Cristo Signore, si può fare un canto adatto al momento, che può essere di gioia, di acclamazione e di esultanza. Il canto è segno della gioia del cuore, infatti dice molto bene S. Agostino: “chi canta bene, prega due volte”.
La funzione propria di questo canto è quella di dare inizio alla celebrazione, favorire l’apertura del cuore e l’unione dei fedeli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico e della festività e accompagnare la processione del sacerdote
e dei ministri.
I canti vanno eseguiti da tutto il popolo o alternativamente dal cantore e dal popolo.
SALUTO ALL’ALTARE
Giunti in presbiterio, il sacerdote e i ministri salutano l’altare poi l’assemblea.
E’ da notare come questa sequenza debba far riflettere sull’ordine d’importanza del saluto, in quanto solitamente quando si va ad una riunione, non si salutano prima i mobili e poi le persone, ma è naturale che sia il contrario.
In questo caso la logica è sconvolgente, perché con quel primo saluto, il sacerdote
si fa portavoce del saluto del popolo ed invita lo stesso a riconoscere che Dio deve sempre venire prima di tutto.
Cristo stesso è Altare, Sacerdote e Agnello che si offre al sacrificio.
In segno di venerazione lo baciano, in quanto rappresenta il luogo dal quale ne è scaturita la nostra salvezza, il sacerdote lo può incensare secondo la solennità del momento.
IL SEGNO DELLA CROCE
Terminato il canto d’ingresso, il sacerdote e tutta l’assemblea si segnano col segno della croce.
Il teologo Romano Guardini si raccomanda:
“Quando fai il segno della croce fallo bene. Non così affrettato, rattrappito, tale che nessuno capisce che cosa debba significare.
No, un vero segno della croce giusto, cioè lento, ampio, dalla fronte al petto, da una spalla all’altra. Senti come esso ti abbraccia tutto?…..
Raccogli in questo segno tutti i pensieri e tutto l’animo tuo….
Allora lo senti, ti avvolge tutto, corpo e anima, ti raccoglie, ti consacra,
ti santifica. Perché?
Perché è il segno vero che tu ami la croce che ti ha redento, ed è il segno della tua vera appartenenza a Cristo Gesù Signore della vita.
SALUTO ALL’ASSEMBLEA
Il sacerdote, poi saluta l’assemblea nel nome di Cristo e con questo annunzia, alla comunità riunita, la presenza del Signore.
Con il saluto verbale, il sacerdote fa anche il gesto di allargare le braccia.
Questo gesto fa pensare ad un abbraccio nel quale vorrebbe contenere tutti i fedeli, ma più ancora è un segno del fatto che il Signore viene loro consegnato.
In questo gesto infatti, misteriosamente il sacerdote perde l’identità umana per lasciare che sia Cristo stesso a compiere il saluto e l’abbraccio della comunità.
Il saluto sacerdotale e la risposta del popolo, manifestano il mistero della chiesa universale radunata nel nome del Signore.
ATTO PENITENZIALE
IL KYRIE
Salutato il popolo, il sacerdote può fare una piccola introduzione alla Messa del giorno, invita quindi all’atto penitenziale che viene compiuto da tutta la comunità mediante la confessione generale e si conclude con l’assoluzione da parte del sacerdote.
Questo momento è necessario, perchè l’anima riconosca la sua natura di creatura bisognosa dell’amore di Dio suo Creatore e attraverso la riconciliazione ed il perdono, si disponga con docilità a lasciarsi guarire dal male che il peccato produce.
Dopo l’atto penitenziale, secondo la solennità della celebrazione, viene recitato o cantato il Kyrie eleison, ed attraverso questo canto penitenziale, i fedeli acclamano il Signore implorando, nella piena fiducia, la sua misericordia.
IL GLORIA
Il Gloria è un inno antichissimo e venerabile, con il quale la chiesa, radunata nello Spirito Santo, glorifica Dio Padre e l’Agnello, e dicendo: “perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo Gesù Cristo”, eleva all’Agnello la sua supplica e riconoscenza.
Viene cantato da tutta l’assemblea, se non si canta può essere recitato tutti insieme o a cori alternati.
Non si canta o si recita nei tempi forti come l’Avvento e la Quaresima.
LA COLLETTA
Alla fine del Gloria, il sacerdote invita il popolo a pregare e tutti insieme, stanno per qualche momento in silenzio, per prendere coscienza di essere alla presenza di Dio e per formulare nel proprio cuore la preghiera personale.
Questa preghiera del sacerdote, è accompagnata ancora una volta dal gesto di allargare le braccia e questa volta non in senso di saluto, ma di preghiera.
SIGNIFICATO DI QUESTO ATTEGGIAMENTO
Chi prega, mostra davanti a Dio di rinunciare a ogni autoritarismo, alla fierezza per le proprie opere, alla superbia di essere capace di fare da solo.
Dischiude il pugno e tende le mani vuote a Dio, come dire:
“non ho nulla che non abbia ricevuto da te e che tu non abbia posto nelle mie mani vuote. Perciò non mi attacco a nulla di quanto mi hai dato”.
A proposito del Sacerdote che durante la Liturgia prega con le braccia aperte, Tertulliano, teologo del secolo III, afferma:
“Quanto Cristo compì con le braccia allargate e le mani inchiodate in croce per tutti gli uomini è reso presente nella Santa Eucarestia dal Sacerdote operante nella persona di Cristo. A somiglianza del suo Signore, unico sommo sacerdote del popolo della nuova alleanza, egli allarga le mani mentre prega e rinnova l’offerta del sacrificio al Padre.
Quindi il sacerdote conclude con la preghiera della “colletta” che ha il compito di raccogliere tutti i riti d’introduzione e preparare le anime all’ascolto della Parola.
B) LITURGIA DELLA PAROLA
Con le letture si offre ai fedeli la mensa della Parola di Dio e si aprono a loro i tesori della Bibbia.
Insieme alla mensa Eucaristica, è il centro e fulcro di tutta la Messa in quanto Gesù stesso, il Verbo di Dio fatto carne, viene a svelarci il mistero racchiuso in esse.
Esse vengono scelte in modo da essere in correlazione tra loro evidenziando il collegamento e la continuità del progetto di Dio sull’uomo, dove l’Antica Alleanza fatta con Mosè ed i profetti dell’Antico Testamento trova il compimento nella nuova Alleanza del nuovo Testamento in cui Gesù è il fine di tutto.
1° LETTURA…..
La prima lettura, quasi sempre tratta dall’Antico Testamento, è presa dal Lezionario in base all’ordine dell’anno liturgico in corso.
SALMO RESPONSORIALE…..
Alla prima lettura segue il salmo responsoriale che a sua volta è preso dal Lezionario perché ogni testo salmodico è direttamente connesso con la relativa lettura: pertanto la scelta del salmo dipende dalle letture. Il salmista o cantore del salmo canta o recita i versetti dall’ambone o in altro luogo adatto; l’assemblea sta seduta e ascolta partecipando di solito con il ritornello.
2° LETTURA…..
ALLELUIA….
Alla seconda lettura, segue l’Alleluia o un altro canto a seconda del tempo liturgico.
L’Alleluia si canta in qualsiasi tempo, tranne che in Quaresima. I versetti tra i due canti dell’Alleluia vengono scelti dal Lezionario. La solennità della Pasqua e di Pentecoste prevede anche la sequenza.
LETTURA DEL VANGELO……
Alla lettura del Vangelo si deve il massimo rispetto poiché essa riveste un’importanza particolare.
E’ distinta dalle altre letture con speciali segni ed onori sia da parte del ministro incaricato di proclamarlo che si prepara con la benedizione o con la preghiera, sia da parte dei fedeli che oltre ad ascoltarlo in piedi, fanno un segno di croce col pollice, insieme al Sacerdote , per tre volte:
- SULLA FRONTE, come dire la tua Parola Signore sia sempre impressa nella mia mente, ricordandola
meditandola e vivendola in ogni cosa che faccio.
- SULLE LABBRA, come dire, la tua Parola Signore sia sempre sulla mia bocca perché io possa sempre benedire, annunziarla, proclamarla e portarla ai fratelli che hanno bisogno di consolazione.
- SUL PETTO, come dire possa la tua Parola dimorare sempre nel mio cuore, e come una inespugnabile cassaforte custodirla come la cosa più preziosa ed essenziale per la mia vita.
Nel Vangelo non udiamo parlare di lui e su di lui, ma ascoltiamo Lui stesso parlare.
I Vangeli trasmettono la testimonianza principale della sua vita, vissuta in totale fiducia e abbandono al Padre. Gesù attraverso il Vangelo ci invita ed incoraggia ad imitarlo, Lui ci ha dato l’esempio dimostrandoci che di Dio ci si può e ci si deve fidare, ci ha dato la prova estrema che soprattutto durante la sofferenza e davanti alla morte Egli non ci abbandonerà mai.
Perciò la Chiesa ha disteso attorno alla proclamazione del Vangelo, una corona di riti e segni.
Già all’inizio della celebrazione dell’eucarestia, l’evangelario, ( libro accuratamente rilegato contenente i sacri Vangeli ), è fatto oggetto di straordinaria attenzione; un diacono lo porta in processione col sacerdote che fa il suo ingresso e lo depone con cura sull’altare.
Altare e Libro, la mensa del Pane e della Parola sono strettamente uniti; ambedue condividono la medesima dignità e ambedue meritano la stessa venerazione.
Nelle solennità la processione dall’Altare al luogo della proclamazione evidenzia un segno che intende dire: attenti, il Signore viene a noi.
Se in quella occasione usa l’incenso, incensa il libro come dire, ecco il massimo sacrificio gradito a Dio ed in esso si esprime la venerazione e l’adorazione del Figlio di Dio.
Alla fine della proclamazione, a conferma di quanto è stato detto, il sacerdote bacia il Vangelo.
L’ OMELIA….
L’omelia fa parte della liturgia ed è necessaria a far crescere la vita cristiana, infatti il sacerdote, con l’autorità che gli viene dal suo ministero utilizza questo momento per spiegare la Scrittura e catechizzare il popolo in atteggiamento pastorale e fraterno.
L’omelia è obbligatoria la domenica e nelle varie festività non la si può omettere se non per causae gravi. Di norma l’omelia deve essere tenuta personalmente dal sacerdote celebrante.
LA PROFESSIONE DI FEDE
La professione di fede nella celebrazione della Messa ha lo scopo di suscitare nell’assemblea, dopo l’ascolto della Parola di Dio nelle letture e nell’omelia, una risposta di assenso, e di richiamare alla mente la regola della fede, prima di dare inizio alla celebrazione dell’Eucarestia.
LA PREGHIERA UNIVERSALE…..
Nella preghiera universale o preghiera dei fedeli, il popolo, esercitando la sua funzione sacerdotale, prega per tutti gli uomini. E’ conveniente che nelle Messe con partecipazione di popolo vi sia normalmente questa preghiera, nella quale si elevino suppliche per la santa Chiesa, per i governanti, per coloro che si trovano nella necessità, per tutti gli uomini e per la salvezza di tutto il mondo.
Il sacerdote celebrante conclude questa preghiera con una breve orazione.
C) LITURGIA EUCARISTICA
L’OFFERTORIO…
I cristiani non possono e non devono assistere alla celebrazione della S. Messa come fossero estranei o spettatori muti, ma ognuno ha il diritto ed il compito di parteciparvi attivamente.
Egli si offre come vittima immolata attraverso le mani del sacerdote, ma l’offerta non è solo per lui, ma soprattutto per il suo popolo. La presentazione quindi dei doni all’Altare è il segno evidente della donazione totale di se stessi.
L’offertorio fatto con l’acqua e col vino, come dice la parola stessa, è l’offerta o meglio la restituzione a Dio di una parte dei doni che ci ha dato, ed essi vogliono esprimere riconoscenza e ringraziamento.
Così pure l’offerta del denaro non è altro che la partecipazione attiva alle necessità dei poveri e della chiesa tutta, certi che tale generosità è ricambiata da Dio, secondo la Sua Parola, il 100%.
Nelle solennità l’offertorio si dovrebbe fare sempre con un atto processionale, come ad indicare che quei doni nascono si dalla fatica del lavoro, ma vengono portati con la gioia della festa a Dio. In queste occasioni i doni e l’altare stesso si possono incensare, per significare che l’offerta della chiesa e la sua preghiera s’innalzano come incenso a Dio.
Dopo i doni, il sacerdote o il diacono, incensano il popolo come segno di offerta di se stessi a Dio.
IL SANTO…
Tutta l’assemblea unendosi ad una sola voce alle creature celesti, canta o recita il “santus” questa acclamazione che fa parte della preghiera eucaristica, viene pronunziata da tutto il popolo col sacerdote.
LA CONSACRAZIONE…
Celebrando questo momento, il sacerdote attraverso le parole e i gesti di Cristo, perpetua il sacrificio che Cristo stesso istituì nell’ultima Cena quando offrì il suo Corpo e il suo Sangue sotto le specie del pane e del vino, lasciando agli apostoli il mandato di continuare ad offrire questo sacrificio “in memoria di lui”.
Quando il sacerdote consacra il pane e il vino chiedendo allo Spirito Santo di trasformarli in Corpo e Sangue di Gesù, non fa solo un gesto che ricorda il sacrificio di Cristo per la salvezza di tutti gli uomini, ma in quello stesso istante è Cristo stesso, che nelle vesti del sacerdote, rinnova fedelmente il suo sacrificio.
PREGIERA DELLA CHIESA…
ELEVAZIONE…
“per Cristo, con Cristo e in Cristo a te Dio Padre onnipotente nell’unità dello Spirito Santo ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli amen”
Con questa preghiera il sacerdote e la Chiesa tutta innalza il Pane e il Vino alla presenza di Dio Padre ed in esso racchiude il mondo intero uno per uno, come voler dire:
per Cristo… per il valore del suo sacrificio;
con Cristo… insieme a Lui, uniti dalla stessa sua intenzione di obbedirti Padre;
in Cristo… innestati e ben radicati in Lui, per diventare davanti a Te una cosa sola con Lui;
…ci offriamo a Te Padre per servirti come Egli stesso ha fatto ed essere obbedienti fino alla morte se necessario.
IL PADRE NOSTRO…
O preghiera di Gesù è la preghiera per eccellenza proprio perché ce l’ha consegnata Dio in persona.
In essa si chiede il pane quotidiano, nel quale i cristiani scorgono anche un riferimento al pane eucaristico e si implora la purificazione dei peccati, così che realmente “i santi doni vengano dati ai santi”.
PREGHIERA DELLA PACE…
Simbolo intramontabile e solare dei fedeli uniti nell’amore è il bacio o segno di pace. Naturalmente la sua forma e il suo collocamento variano nel corso della storia, a seconda dell’indole di ogni popolo. Vi furono periodi in cui i fedeli se lo scambiavano già a conclusione della preghiera dei fedeli (come si usa tuttora nel rito ambrosiano) o della preghiera eucaristica. L’intercessione per tutti gli uomini e l’unione con Cristo e col suo corpo culminavano nell’abbraccio fraterno; il segno della pace sigillava l’unità dei fedeli. Il collocamento attuale del segno della pace, (prima della frazione del pane), risale all’incirca dall’epoca di Gregorio Magno (VI secolo).
Con il segno della pace, che i fedeli si scambiano, vogliono implorare pace per la Chiesa di tutto il mondo, ed esprimere vicendevolmente l’intenzione di amore e perdono necessari prima di partecipare all’Unico pane.
Il sacerdote sottolinea il desiderio di pace allargando le braccia dicendo “scambiatevi un segno di pace”.
È questo gesto che indica Cristo come punto di partenza ed obbiettivo della vera pace.
AGNELLO DI DIO…
Mentre si compie la frazione del Pane, il popolo recita “l’Agnus Dei”.
Il popolo invoca da Dio la pietà riconoscendo la propria indegnità alla partecipazione al Banchetto Eucaristico ed invoca la pace del affinchè questa partecipazione non sia condizionata dai sensi di colpa.
Quindi il celebrante mostra ai fedeli il Pane Eucaristico che essi riceveranno nella Comunione e li invita alla cena del Signore, insieme con essi esprime sentimenti di umiltà riponendo totale fiducia in Cristo dicendo:
“ o Signore non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma di soltanto una parola ed io sarò salvato”.
Vale a dire: Signore io so di non essere degno di accostarmi a te, ma tu in questo momento puoi farmi diventare, confido in te.
COMUNIONE…
La comunione si può fare ricevendo solo il Corpo di Cristo o ambedue Corpo e Sangue, secondo la celebrazione e la disponibilità del sacerdote.
Fare la comunione ha il significato, come dice la parola stessa comunione, di condividere in tutto la vita di Cristo. I cristiani ricevono la comunione nell’intento di assumere in se stessi la persona e le opere di Cristo Gesù attraverso lo Spirito Santo, di condividerne la gloria e soprattutto di amare e non rinnegare la prova e la croce nella totale fiducia in Dio Padre, proprio come Gesù..
ADORAZIONE….
- RITI DI CONCLUSIONE
SALUTO E BENEDIZIONE FINALE
Con il saluto e la benedizione finale, il sacerdote invoca la presenza di Dio su ognuno e l’ abbondanza della sua provvidenza e bontà infinita.
CONGEDO…
Con questo gesto finale, detto propriamente congedo, il sacerdote scioglie l’assemblea perché ognuno ritorni alle sue opere buone lodando e benedicendo Dio per tutte le cose.
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